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Storia

“Scala del ciclismo”, “Pista Magica”, “Pista dei record”, “Stradivari della pista”, “grande transatlantico”, sono solo alcuni dei soprannomi dati al Vigorelli per sottolineare la sua unicità nella storia delle due ruote.

Il velodromo milanese è stato per oltre 35 anni, dalla prima gara ufficiale del 24 marzo del 1935, alla metà degli anni Settanta, il più importante al mondo. La pista più veloce, sulla quale si tentava il record dell’ora, oppure si correvano le sfide tra i maggiori atleti dell’epoca, spesso mettendo a confronto i campioni della strada con i grandi pistard.

Che fosse un impianto diverso dagli altri fin dai primi anni di attività lo si capisce dalle parole con cui il grande velocista inglese Reginald Harris ha descritto nella sua autobiografia l’arrivo a Milano per il Mondiali del 1939: “it was like nothing else I had seen”, riferendosi sia alla pista in legno, sia agli interni con moderni spogliatoi e officine.

Articolo inaugurazione del velodromo VIgorelli 1934

Il Vigorelli è l’ultimo di undici velodromi costruiti a Milano a partire dal 1870, dove insieme all’industria della bicicletta nacquero le prime competizioni su strada e su pista, richiamando folle di appassionati. La realizzazione di un nuovo anello si era resa necessaria dopo che il velodromo del Sempione, nel 1928, era diventato inagibile, si ipotizza per ordine del Direttore della Gazzetta dello Sport, Emilio Colombo, che voleva impedire che i campioni della strada fossero “distratti” dalle corse su pista. L’occasione si presentò nel 1934, quando il Comune di Milano deliberò l’acquisto dal CONI, per 100.000 lire, della pista in legno allestita a Roma per i Mondiali di ciclismo di due anni prima all’interno dello stadio del Littorio, rimasta inutilizzata. La struttura venne quindi smontata e portata a Milano dalla Carpenteria Bonfiglio, per essere collocata all’interno di un nuovo edificio con tribune e spogliatoi appositamente disegnato dagli ingegneri Ugo Fini e Giuseppe Baselli dell’Ufficio Tecnico Comunale. E così accadde un imprevisto che però farà la fortuna del Vigorelli: lo spazio che avrebbe dovuto contenere la pista disegnata dall’architetto-ciclista tedesco Clemens Schuermann si rivelò troppo stretto. Che fare allora? La soluzione adottata è stata raccontata più volte dal grande giornalista Mario Fossati, che aveva raccolto la testimonianza di Anteo Carapezzi, all’epoca e poi per molti anni direttore dell’impianto. Il livello del terreno venne abbassato e le curve tagliate, sotto la supervisione dello stesso Schuermann, da cui la strana misura di 397,76 metri invece dei 400 metri della pista originaria. La modifica rese meno graduale il passaggio dalla limitata pendenza dei rettilinei alle vertiginose paraboliche da 42,5 gradi. Se però si aveva la forza di “tenere” l’ingresso in curva, si riusciva ad essere proiettati ad alta velocità sul lato opposto. E così il Vigorelli si rivelò subito una pista scorrevole come nessun’altra. Il 31 ottobre del 1935, pochi mesi dopo la gara inaugurale, Giuseppe Olmo stabilì con 45,067 km il primato mondiale dell’ora, il primo di 9 record assoluti, ai quali ne vanno aggiunti 3 femminili e oltre 150 nelle varie discipline, dalla velocità alle prove di lunga durata. Alcuni atleti si sono perfino ripetuti in più tentativi, come Roger Rivière, che ottenne il record dell’ora nel 1957 e nel 1958, battendo sé stesso.

Fausto Coppi durante la prova per il record dell'ora al Vigorelli.
Fausto Coppi durante la prova per il record dell’ora al Vigorelli. Il 7 novembre 1942.

Il Vigorelli diventò anche il naturale palcoscenico per l’arrivo delle corse su strada a Milano: il Giro d’Italia (23 volte), il Giro di Lombardia (21), il Trofeo Baracchi (10), sostituendo l’Arena Civica usata negli anni precedenti. La folla si assiepava lungo le strade che portavano all’ingresso da via Arona e sulle tribune, per assistere poi alla premiazione e al giro d’onore del vincitore. Il primo a entrare in rosa al Vigorelli è stato Gino Bartali, nel 1936. L’ultima edizione del Giro ad arrivare sulla pista in legno è stata quella del 1985, con una cronometro a squadre; nello stesso anno si concluse all’interno dell’anello anche il Giro di Lombardia, con lo sprint vincente di Sean Kelly.

Vigorelli però è soprattutto pista, sfide nella velocità, nell’inseguimento, nell’americana, nell’omnium oppure negli stayers, con quattro edizioni dei Campionati del Mondo: 1939 (sospesa per l’inizio della Seconda Guerra Mondiale), 1951, 1955, 1962. E’ il velodromo di Antonio Maspes – a cui è dedicato dal 2000 – sette volte iridato nella velocità, delle volate sul filo dei centimetri con il rivale Sante Gaiardoni; di Coppi inseguitore; di Guido Messina; di Nando Terruzzi, funambolico re delle Sei Giorni che faceva impazzire gli stradisti; di Vanni Pettenella, campione olimpico a Tokyo 1964; delle corse dietro motori con piloti come Mario Dagnoni.

Il Vigorelli non era un impianto riservato solo ai professionisti, ma era la casa dei giovani ciclisti milanesi, un vivacissimo luogo di aggregazione sportiva nel quale ci si poteva avvicinare all’attività agonistica con una celebre scuola intitolata a Fausto Coppi, attiva fino alla fine degli anni Settanta, dalla quale uscirono “diplomati”, tra gli altri, allievi come Francesco Moser e Giuseppe Saronni. Di grande importanza è inoltre stata la presenza dell’officina di Faliero Masi, al al Vigorelli dal 1949. Masi era soprannominato il sarto per la sua abilità nel disegnare il telaio su misura del ciclista. Tra questi Coppi, Magni, Anquetil, Merckx, Maspes, che hanno utilizzato le sue creazioni, spesso mascherandole sotto i nomi degli sponsor ufficiali. Nell’officina lavora il figlio Alberto e si conservano cimeli e foto del Velodromo, che ne fanno quasi un archivio-museo.

Il Vigorelli non è stato solo ciclismo, ma anche boxe, con la Palestra Ravasio, immortalata da Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli, e sede di incontri memorabili (per tutti la sfida tra Sandro Mazzinghi e Ralph Dupaz per il titolo mondiale dei Superwelter nel 1963); dal 1981 campo da gioco e allenamento delle squadre milanesi di Football Americano, i Seamen e i Rhinos; nell’inverno del 1997 ha ospitato la Coppa del Mondo di Sci di Fondo.

E ancora: grandi concerti rock, con la celebre doppia esibizione dei Beatles del 24 giugno 1965, nella loro unica tournèe italiana e poi i Led Zeppelin (1971), The Clash e i Dire Straits (1981), per citarne solo alcuni; sede di eventi politici e perfino religiosi, come la preghiera finale del Ramadan dei milanesi di fede musulmana (nel 2008 e 2015).

Il Vigorelli è stato danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e subito ricostruito; ha perso la copertura originaria sotto il peso della nevicata del 1985, sostituita da quella attuale nel 1990; ha subito fasi di declino e di abbandono; ha visto tentativi di rilancio e progetti di radicale trasformazione. Già nel 1971 Luciano Bianciardi scriveva che “un altro Maspes non ci capiterà”, prendendo atto in maniera malinconica della fine di un’epoca irripetibile. Le dirette televisive, gli sponsor, gli organizzatori, si dimenticarono progressivamente dei velodromi e del ciclismo su pista. Il Vigorelli in questo non fece eccezione. La situazione si è ulteriormente complicata a partire dalla metà degli anni Novanta, quando l’UCI ha prescritto l’uso di una pista indoor da 250 m per Campionati del Mondo e Olimpiadi. Una norma fraintesa da molte federazioni e società sportive, in particolare in Italia, come condanna alla dismissione dei velodromi storici, proprio mentre in altri paesi avveniva una riscoperta del ciclismo su pista, a partire da impianti anche più antichi del Vigorelli, come Herne Hill a Londra, e un evento come l’Eroica ha fatto rinascere l’interesse per tutto ciò che appartiene alla storia delle due ruote.

Il Vigorelli è stato salvato da un gruppo di cittadini milanesi che, quasi quarant’anni dopo la rivolta di Mario Fossati contro la trasformazione in cinodromo, si sono riuniti nel Comitato Velodromo Vigorelli per chiedere al Ministero per i Beni e le attività Culturali la tutela come “monumento”. Un riconoscimento che è stato ottenuto nel 2013, favorendo l’avvio, nel 2016, del restauro dell’impianto a partire dalla pista e dalla copertura, progettato con grande attenzione dall’ingegnere Aldo Galbiati.

Da allora il Comitato Velodromo Vigorelli organizza le sessioni di allenamento, consentendo ai ciclisti di provare l’emozione unica di pedalare sulla stessa pista i Coppi e Maspes, e visite guidate in occasione di manifestazioni culturali.

Il Vigorelli è un monumento del ciclismo, ma non è un museo. E’ un velodromo storico, ma che può insegnare moltissimo, anche ai pistard di oggi. E’ uno spazio pubblico e un luogo da vivere, che può svolgere un ruolo fondamentale per rilanciare la pratica del ciclismo su pista, sia per i giovani, sia per gli amatori e più ingenerale per la promozione della mobilità su due ruote.

L’importante è evitare i confronti con il passato e guardare al futuro. Difficile che gli anni di Maspes si possano ripetere, ma il Vigorelli resta un luogo unico “like nothing else”, come aveva già capito Reg Harris nel lontano 1939.